Iniziamo insieme un nuovo anno pastorale. Cosa significa questo per ciascuno di noi? Alcuni hanno già cominciato da qualche settimana a pregare, pensare, condividere e programmare; altri sono stati chiamati a partecipare alle attività dei molti gruppi parrocchiali o saranno coinvolti nei prossimi tempi; altri ancora non hanno saputo nulla di tutto questo fermento.
Tutti siamo però accomunati dai tanti interrogativi che affollano la nostra mente - vissuti con più o meno ansietà e aspettativa: quando rientreremo nella nostra chiesa? Chi sarà il nuovo vescovo di Torino? Come risponderanno i giovani alle nostre proposte? Devo fare il catechista oppure no? Come ci prepareremo all’ingresso nella chiesa parrocchiale? Quanti incontri comunitari dovremmo programmare? Ma i cristiani di Nole parteciperanno?
“Pace a voi” (Lc 24,36). Gesù risorto ci rincuora, come fece con gli apostoli rinchiusi nel cenacolo. “Pace a voi”: le nubi d’affanno che potrebbero offuscare il cuore che dispera e dubita, vengono spazzate d’un colpo dal Soffio che ripulisce l’orizzonte. Dovremmo quindi rinunciare a programmare i nostri incontri, lasciando che la spontaneità e lo Spirito ci suggeriscano che fare di momento in momento? Niente affatto! Proprio una programmazione accorta e ispirata può aiutarci a non creare inutili sovrapposizioni e dubbi nelle nostre proposte, così da imparare ad essere consapevoli del nostro vivere in un grande gregge che deve essere pronto a riunirsi intorno al suo unico pastore: Gesù. Come vivere dunque le tante proposte? Come scegliere? Se “Dio è amore”, come suggerisce San Giovanni: perché non metterci il cuore! È l’unico modo per superare dubbi, divisioni e incertezze: esercitare la carità che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,7). È l’unico modo per trovare quella “pace” che Gesù ci dona ma di cui - troppo spesso - non ci curiamo.
Farsi prendere dai desideri e dalle passioni dunque? Assolutamente no, anzi, è proprio il contrario; provo a spiegarmi con un esempio: “il cuor mi dice che ci rivedremo presto” augura fra’ Cristoforo ai due promessi sposi Renzo e Lucia nell’accomiatarsi dal convento di Pescarenico. Ha torto: passeranno molti mesi. “Vedo che lei ha buon cuore” dice Lucia all’Innominato che l’ha appena fatta rapire. Ha ragione, al contrario di fra’ Cristoforo nel passo precedente. Per ben due volte il muscolo cardiaco viene chiamato in causa, ma nel primo caso il passionario frate non parla con il cuore di Dio, ma con il proprio - preda del desiderio di bene per i due poveri sventurati; al contrario Lucia, totalmente abbandonata nelle mani di Dio, poiché rapita e lontana da casa, è capace di cogliere il soffio dello Spirito dove tutti vedono regnar le tenebre, cioè nel cuore dell’Innominato. Totalmente affidati al cuore di Dio, mettiamo allora in gioco il nostro nelle proposte e iniziative - e impegni! - alle quali saremo invitati. Anche quelli che sembrano pesi insopportabili diverranno il “giogo dolce” (Mt 11, 30) che siamo chiamati a portare. Una adesione non soltanto formale alla vita comunitaria potrà accendere quel fuoco attorno al quale la famiglia si radunava nelle sere d’inverno, perché i nonni narrassero ai piccoli le storie, i racconti, le proprie radici.
Non risparmiamo nel donarci con gioia ai nostri fratelli. Diveniamo “defibrillatori” per la pastorale, quando ci sembra che il cuore abbia smesso di battere per il prossimo. Facciamo sì che la nostra chiesa parrocchiale risorta possa accogliere - intorno al Cristo vivente che vi dimora - una comunità viva che ci mette tutto il cuore e lo offre a quello divino di Gesù. Mettiamoci il cuore!
Daniele Venco