Come vorremmo essere trovati pronti a Natale? Che cosa vorremmo che il Signore ci dicesse per essere trovati da lui graditi? La preparazione non è meno importante della festa e del giorno di Natale. Le letture di oggi esprimono questa necessità: come dobbiamo prepararci perché sia Natale?

Il Vangelo di Marco inizia in un luogo ben preciso: il deserto. È in questo luogo inospitale e solitario che Giovanni inizia la sua predicazione. È strana questa predicazione: un grido che riecheggia in terre riarse dal sole senza che nessuno possa ascoltare. Perché Giovanni non ha predicato a Gerusalemme? Nel centro del potere religioso e politico? Sarebbe stato ascoltato da tutti.

Eppure è nel deserto che la sua voce si lascia ascoltare, ha una forza profetica che non ha eguali. È nel deserto che la Parola riacquista la sua genuinità, la sua forza provocatrice, la sua autorevolezza, la sua capacità di colpire e convertire i cuori. Nel deserto la parola si purifica e smaschera le nostre false sicurezze mondane e i nostri idoli. Non è una parola che fa paura, anche se esigente, perché noi siamo fatti per la ricerca della verità e per la pienezza della vita.

Così è capitato anche per l’antico popolo dell’alleanza: è sempre nel deserto che Israele ha preso coscienza della sua vocazione, dell’alleanza tradita. È nel deserto che Israele è invitato a preparare la via al Signore, è stato consolato da Dio ed è stato condotto, come un pastore conduce il suo gregge. Il deserto rappresenta anche l’esilio, la lontananza da Dio. Noi in questo mondo siamo come degli esiliati, lontani da Dio a causa del nostro peccato. Per riconoscere questo peccato anche noi dobbiamo allontanarci dai nostri «centri di potere» dove pensiamo di controllare la nostra vita senza Dio e senza i fratelli, la nostra vita fatta di conformismi mondani, di accomodamenti, di compromessi con la verità. Nel deserto siamo inermi, vulnerabili, riacquistiamo la giusta considerazione di noi stessi; procediamo mendicanti del suo perdono. L’ascolto della Parola di Dio ci porta a riconoscere i nostri peccati. Di fronte al Signore riconosciamo che le nostre vie non sono le sue e siamo spinti alla conversione.

Come per San Giovanni, vestito di peli di cammello e di una semplice cintura ai fianchi, nutrito con locuste e miele selvatico, si tratta di ritrovare l’essenziale. L’essenzialità del suo messaggio è associato al suo stile di vita. La nostra vita risulta sobria ed essenziale? Giovanni è anche l’umile dall’alta statura morale che non è degno di slegare il legaccio del sandalo di Cristo. L’umiltà consente l’incontro con il Signore quando abbassiamo i monti e i colli dell’orgoglio e della superbia e quando colmiamo le valli della paura e della rassegnazione.

La venuta del Signore è preparata anche dalla mediazione di San Giovanni. Abbiamo bisogno anche noi della mediazione della Chiesa, degli altri per incontrare Gesù nella nostra vita. Abbiamo bisogno di una paternità o maternità spirituale, qualcuno che ci possa indicare la presenza di Cristo nella nostra vita. La vita cristiana non è mai autoreferenziale ma necessità di testimoni autentici, scelti per la loro saggezza e integrità morale.

 

Sia lodato Gesù Cristo.