Carissimi,

ormai è imminente il grande giorno della nostra redenzione: il nostro grido d’aiuto è stato ascoltato; la mano di Dio è ormai tesa per afferrarci e soccorrerci; l’amore di Dio diventa storia e si rende visibile; l’esistenza terrena si carica della promessa di Dio: il dono dell’immortalità futura. È lo svelamento di quel mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato perché raggiungiamo l’obbedienza della fede. Questa promessa è già stata anticipata nella storia della salvezza, con il giuramento fatto ad Abramo, e confermata con il re Davide.

Finalmente il re Davide si stabilisce nella sua casa dopo aver consolidato il suo Regno. Nasce nel cuore del re un desiderio: costruire una casa per Dio, una degna dimora per l’Arca dell’Alleanza. Il profeta Natan appoggia l’iniziativa lodevole del re non sospettando che cosa Dio stava preparando per Davide; neanche il profeta conosce che cosa Dio prepara per gli uomini. Il re pensa di aver ricevuto tutto da Dio e adesso vuole contraccambiare la sua benevolenza. Dio non chiede di essere contraccambiato dagli uomini, di ricevere onori, ma di rimanere fedeli a lui e alla sua alleanza. Gli ricorda da dove è venuto, le sue umili origini, l’elezione gratuita senza nessun merito. Dio non chiede i nostri meriti ma di continuare a credere nella sua promessa. Quando pensiamo di aver ricevuto tutto da Dio, in realtà Dio ci prepara un avvenire, un futuro carico d’immortalità. Dio non vuole che noi lo «cerchiamo», ma che gli facciamo spazio perché siamo noi la sua dimora, la sua casa. La promessa fatta a Davide si compie in Maria. Non è più il Tempio, l’arca dell’alleanza, il luogo della presenza di Dio, ma diventa il grembo di una donna. È lì che si realizza il progetto sognato da Dio fin dalla fondazione del mondo. L’umanità, ciò che è umano, è capace di accogliere Dio, di recepire il divino unendosi alla nostra carne mortale. Maria ha fatto spazio alla grazia di Dio attraverso il suo «sì». Gesù non poteva venire al mondo in un altro modo se non così!

Il re Davide e Maria sono coloro che si fidano di Dio anche senza vedere. A Maria è rivolta una promessa da Dio e suo compito è credere alla promessa. È credere a ciò che umanamente è impossibile: lei, vergine, avrà un figlio! Promettere è sperare, è dare un senso e una direzione al tempo che viviamo, è suscitare un’attesa. Il Dio della promessa è il Dio fedele, che impegna se stesso e che non può venire meno alla parola data. La storia della salvezza è la storia dell’impossibile che Dio rende possibile. Maria è donna di fede perché è chiamata a credere di più alla promessa incredibile di Dio che all’evidenza dei fatti. Il turbamento di Maria è anche il nostro turbamento, perché non possiamo pretendere di esaurire il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio attraverso le nostre domande, ma esso diventa assenso, abbandono di fede: «Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua Parola». Nella liturgia eucaristica invochiamo la pace e la misericordia di Dio perché possiamo essere liberi dal peccato e da ogni turbamento, che ci allontanano dalla fede.

Assumiamo gli stessi atteggiamenti di Davide e di Maria perché insieme a tutta la Chiesa possiamo accogliere come grembo la venuta prossima del Salvatore.

 

Sia lodato Gesù Cristo.