Il tempo di Natale si chiude con questa festa che fa memoria della dignità ricevuta nel giorno del nostro battesimo. Qui troviamo il frutto maturo del mistero del Natale, il fine dell’incarnazione del Figlio di Dio, il motivo dell’«umanizzazione» di Dio: essere figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo, solidali con la sua umanità.
Nel prologo del Vangelo di Giovanni, si dice proprio che a chi l’ha accolto ha dato potere di diventare figlio di Dio. Nell’episodio del battesimo di Gesù si realizza l’imprevedibile. Giovanni attendeva un salvatore-regale, uno al quale bisognasse sottomettersi come ad un re, che usa la sua forza per debellare ed estirpare il male e il peccato dall’umanità, e, invece, si ritrova un salvatore-fratello, uno che condivide le debolezze degli uomini, che si fa solidale con i peccatori nonostante non abbia mai conosciuto il peccato. È uno che si «mette in fila» come un qualsiasi peccatore per ricevere da Giovanni il battesimo di penitenza.
L’abbassamento del Figlio ha permesso l’innalzamento della creatura, ha restituito dignità umana facendosi in tutto e per tutto simile a noi. È dal fango della nostra umanità che Dio ci salva e ci eleva a dignità perenne attraverso il dono del battesimo che tutti abbiamo ricevuto. È solo abbassandosi che Dio ci educa e ci permette di tirare in noi il meglio della nostra umanità. È solo vivendo un rapporto di gratuità che noi sperimentiamo la nostra vera umanità: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite». Siamo degli assetati senza portafoglio! In un mondo dove per avere bisogna comprare o vendere, in un mondo dove vige la legge del profitto, dove per essere qualcuno devi avere; la logica di Dio invece è quella del libero scambio, dell’acquistare senza spendere.
L’uomo è fatto per vivere in luoghi di gratuità senza che ci venga chiesto nulla. L’Eucaristia che noi celebriamo non è forse questo luogo di gratuità dove ci educhiamo, impariamo a vivere le nostre relazioni tra fratelli? Anche oggi chi viene a chiedere il battesimo, anche se non pienamente consapevole dei doni che derivano da esso, non chiede forse un luogo, dei gesti, dei riti in cui si celebri la gratuità? Gratuitamente siamo venuti qui in chiesa e gratuitamente riceviamo da Dio attraverso la sua Parola, attraverso il pane che diventa suo Corpo. È in ogni domenica che noi riconfermiamo il nostro battesimo per ritornare alla nostra vita quotidiana e continuare a vivere questi scambi gratuiti che abbiamo vissuto nella santa liturgia, per realizzare appieno la nostra umanità che si rivolge a quella umanità che ancora vive nella logica del mondo: «Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue».
«Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato». Se non amiamo i fratelli che nascono da Dio, vuol dire anche che non amiamo Dio. In altri termini non viviamo il nostro battesimo; non abbiamo capito il gesto di Gesù che riceve il battesimo dalle mani di Giovanni; non abbiamo compreso le parole di Dio: «Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Dio si compiace dell’atteggiamento del Figlio che si rende in tutto e per tutto fratello degli uomini e si pone al loro servizio.
Se osserviamo i suoi comandamenti saremo anche capaci di amare Dio e i suoi comandamenti non sono gravosi. Per chi davvero ama Dio e i fratelli nulla risulta pesante; l’amore ci fa fare anche degli sforzi inauditi, fa sprigionare nuove energie, rende sopportabile anche ciò che risulta incomprensibile; i comandamenti non sono visti come delle leggi che limitano la mia libertà, ma semmai la realizzano e la portano a maturazione.
Sia lodato Gesù Cristo.