Ancora una volta siamo chiamati, come domenica scorsa, a renderci conto della chiamata ricevuta, della nostra vocazione: ritornare alle fonti della nostra vita e della rinascita in Dio per mezzo del battesimo significa dare valore oggi al tempo che viviamo ogni giorno. Un tempo che per Paolo si è «fatto breve» e per Gesù si «è compiuto». Non è il tempo cronologico, delle ore che passano, il tempo degli uomini che viene misurato per dare scadenze al suo agire e per dare ordine ai suoi impegni, ma è il tempo di Dio che non conosce scadenze e ha aperto un passaggio per far entrare l’uomo nel suo Regno, per elargire la sua misericordia sempre e ovunque. Attraverso Cristo, Dio Padre non dà più nessun ultimatum come per gli abitanti di Ninive: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». Di fronte a questa opportunità che Dio ha dato l’uomo non può essere impassibile, disattento, ma il tempo davvero si è fatto beve perché è un’occasione da prendere al volo. È come quando si va al mercato e ci sono delle offerte vantaggiose, delle occasioni da non perdere: il tempo è breve non per chi offre ma per chi deve acquistare. O prendi subito o lasci e qualcun altro prenderà al posto tuo.
Quante volte noi perdiamo le occasioni d’incontro, di crescita, di servizio, che la misericordia di Dio ci offre? L’accoglienza di questo tempo del Regno, se prendiamo al volo l’occasione di possedere Gesù, come la perla preziosa che il mercante acquista subito, non può farci rimanere come prima. È un tempo dove noi sperimentiamo prima di tutto la misericordia, l’amore di Dio per noi, dove sperimentiamo il nostro peccato e l’esigenza di una continua conversione: «convertitevi!». È un tempo che cambia i nostri atteggiamenti e le nostre relazioni con gli altri: «D’ora in poi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono come se non piangessero; quelli che gioiscono come se non gioissero; quelli che comprano come se non possedessero; quelli che usano i beni di questo mondo, come se non li usassero pienamente». Quello di san Paolo non è un invito a stravolgere i nostri rapporti con i cari e rinunciare alle cose di questo mondo, ma a vedere tutte queste cose in prospettiva dei beni futuri, a possedere il Regno dei Cieli, ad avere come traguardo e punto di riferimento Gesù Cristo. La relazione d’amore tra marito e moglie non è assoluta, ma è un mezzo per arrivare a possedere insieme la fonte dell’amore da cui scaturisce l’amore coniugale; il pianto, la sofferenza, la fatica acquistano luce, forza, pazienza perché già vissute nella prospettiva della fede e del Regno: «non ci sarà più né lutto, né morte, né lamento, né pianto» (Ap); la gioia è evangelica sapendo però che fin quando viviamo su questa terra la vita è lotta, impegno, sacrificio e non sempre diventa facile la sequela di Gesù; l’acquisto, i beni di questo mondo sono finalizzati ad acquistare beni migliori e duraturi: l’invito è anche quello di non accumulare i beni di questo mondo perché la nostra vita non dipende dai molti beni che uno possiede.
Riguardo la chiamata dei primi discepoli, anche per loro il tempo si fece breve: «e subito lasciarono le reti e lo seguirono». Gesù passa continuamente e c’invita a seguirlo, ma non passerà sempre in eterno, bisogna cogliere l’occasione di questo invito subito senza demandare a domani la mia conversione, il mio cambiamento. La conversione non consiste nel migliorare semplicemente il mio carattere, nel modificare qualche cattiva abitudine, nell’osservare norme morali, ma nell’avere come unico punto di riferimento Gesù e tutte le cose di questo mondo devono essere giudicate alla luce del suo vangelo e della rivelazione; significa affidarsi a lui per sempre attraverso i sacramenti, in particolare l’Eucarestia domenicale, che donano un tempo che non è nostro, ma che è scandito da Dio, appunto il tempo del Regno.
Gesù non ha stravolto la vita dei suoi discepoli, ma dona qualcosa di più che noi non siamo in grado di darci da soli, rispetta la loro umanità e la loro storia personale: da pescatori di pesci a pescatori di uomini; il mestiere di pescatore è sempre lo stesso ma l’orizzonte si allarga, cambia il fine, cambiano i soggetti. La vita dei discepoli non è più incentrata solo su di loro e sui loro problemi personali di sopravvivenza o di sostentamento, ma si allarga a instaurare nuove relazioni di fraternità, di condivisione con gli uomini per portare non più morte come per i pesci, ma vita per gli uomini che s’incontrano sul cammino della vita.
Sia lodato Gesù Cristo