Alla fine dell’anno abbiamo molteplici attese: «Speriamo che sia un anno migliore». Quel verbo della speranza è coniugato nel «modo indefinito»; non sappiamo bene neanche noi come andrà il nuovo anno che ci sta di fronte; ci possiamo semplicemente augurare che sia almeno un po’ migliore di quello precedente. Alla fine dell’anno dobbiamo, però, constatare con un po’ di delusione che in fin dei conti è stato simile a quello di prima, come se il miglioramento della nostra vita dipendesse da variabili esterne e non da un nostro cambiamento. La riuscita di un anno invece si misura per noi cristiani dalla nostra umanizzazione, sull’esempio dell’umanità di Gesù che ha voluto non solo assumere la nostra natura umana ma mostrarcene il vero valore e il suo profondo significato.
Quanto sono riuscito con l’ascolto della Parola di Dio, parola che diventa anche pane che mi nutre nella mia umanità, a cambiare me stesso, le mie idee, a irrobustire i valori, la mia fede? Dove posso individuare che ci sia stato un cambiamento in me? Posso dargli un nome?
È solo in questo modo che possiamo invocare allora la pace e la benedizione di Dio. La benedizione di Dio non consiste in un semplice augurio di «buona fortuna!», né tanto meno in un «atto magico» che preserva al sicuro la mia vita dagli inevitabili ostacoli, mentre rimango uguale a me stesso. Quella benedizione di Dio sta a significare, invece, che vuole darti tutto se stesso perché tu possa accoglierlo ed amarlo come lui vuole; vuole mostrati il suo volto per saper entrare e guardare la realtà della vita in modo diverso come lui ci guarda; che tu sappia riconoscere il suo volto nel volto dei fratelli che incontri.
Solo così possiamo augurarci un buon anno.
Ci sentiamo di più suoi figli e fratelli? Sentiamo questo Spirito che grida in noi: «Abbà, Padre»? Sentiamo Dio come nostro Padre e noi tutti suoi figli e fratelli? La pace di Cristo è una pace che ci scomoda, che non ci lascia tranquilli:
«L’uomo è un essere che si abitua a tutto: penso che questa sia la sua migliore definizione»Dostoevskij
«I cristiani sono capaci di installarsi comodamente persino sotto la croce di Cristo»Bernanos
«La globalizzazione ci ha resi più vicini, ma non più fratelli»Benedetto XVI
Noi desideriamo una pace esclusiva, non inclusiva:
«O la pace è di tutti o è di nessuno»Giovanni Paolo II
Parafrasando le sue parole, potremmo così sintetizzare la risposta che ci dà il Signore Gesù: poiché vi è un solo Padre, che è Dio, voi siete tutti fratelli (cfr Mt 23,8-9). La radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa. (Fraternità, fondamento e via per la pace)
Sia lodato Gesù Cristo.