Quando sentiamo parlare di SS. Trinità la nostra prima reazione è quella di un’idea di Dio astratta, complicata e soprattutto lontana dalla nostra realtà di ogni giorno; un tentativo di spiegare Dio nella sua essenza a tentoni, accogliendo questa rivelazione come un dato di fatto. Invece, la Trinità non è un’idea che possiamo dedurre, ma un’esperienza che ha voluto comunicarci Dio stesso. Dio, prima di tutto, è più vicino di quanto noi possiamo pensare. È Colui che vuole comunicare con noi, che ci parla, che ci ha scelto. Addirittura san Paolo ci dice che siamo inabitati dalla sua presenza con lo Spirito che ci fa sentire figli di Dio e che ci fa gridare «Abbà, Padre». È il Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: cioè, è un Dio che non possiamo manipolare come vogliamo, facendolo diventare di fatto un idolo, ma nello stesso tempo è un Padre che ci è vicino, tanto da invocarlo nel nostro intimo. Il libro del Deuteronomio sottolinea la radicale novità di Dio: quale Dio ha fatto udire la sua voce? O quale Dio ha scelto un popolo? Nessuno se non il nostro Dio! Gli dei degli altri popoli erano semplicemente delle proiezioni di se stessi, idoli muti che non parlavano ed erano i popoli stessi che sceglievano le loro divinità. Anche per il popolo d’Israele la tentazione di essere come gli altri era frequente: «Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro». Anche per noi sussiste la tentazione di abbandonare Dio per sceglierci i nostri idoli appaganti nel momento in cui facciamo di Dio un idolo muto che non parla e che non agisce più nella mia vita. La festa della Trinità mi fa riconoscere le opere che Dio compie nella mia vita, mi rende consapevole che sono oggetto del suo amore e della sua premura. La finalità di tutto questo è che possiamo vivere felici già su questa terra e possiamo restare a lungo nel paese. Dio è per la nostra felicità quando lo mettiamo al primo posto. C’è una felicità del mondo senza Dio e una felicità nel mondo con Dio. Quale differenza c’è tra queste due felicità? Un abisso. La felicità del mondo è un’esperienza che bisogna ripetere continuamente e aumentarne possibilmente il dosaggio, ma ha un termine e si chiude con la nostra esperienza su questa terra; la felicità che ci propone Dio è una felicità che non si ripete, ma che si rinnova di giorno in giorno e si accresce fino alla sua pienezza nel possesso della terra promessa, il paradiso, ed è anche una felicità che viene comunicata agli altri di generazione in generazione: «Perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te».

La Trinità oltre a rivelarci il segreto della vera felicità, ci dice con quale stile dobbiamo vivere su questa terra: diventando suoi discepoli. Un conto è essere semplicemente uomini, un conto è vivere da discepoli. Il primo è quello dell’uomo che si fa da solo, che ricerca la felicità del mondo senza Dio; il secondo è colui che si mette sempre in ascolto di Dio, che sente sempre il bisogno d’imparare, di correggersi, di ricominciare da capo, che sente il bisogno di chiedere perdono, che sente di avere bisogno di un Maestro che indichi la via. È questo il potere che il Signore ha regalato anche a noi: quello di diffondere questa umanità rivolgendosi a Dio che è amore, Trinità. Non è il potere del mondo che schiaccia gli altri, che si limita alla sola terra, che cerca la felicità a spese degli altri, ma è il potere di portare il Cielo sulla terra, di unire il Cielo e la terra, di mettere in comunicazione Dio con gli uomini e tra di loro. Il battesimo non è semplicemente il rito, ma è l’immergersi (da baptizo: immergo) in questo amore di Dio. Essere discepoli non è mai facile perché, come per gli Undici, possiamo anche noi dubitare prostrandoci davanti a Dio. Interessante questa contraddizione! Noi possiamo adorare anche con i nostri dubbi di fede. Il dubbio deriva dal pensare che Dio non sia così grande e onnipotente da renderci già felici su questa terra e allora cerchiamo anche un po’ di felicità di questa terra perché pensiamo che Dio non sia così totalizzante e decisivo per la mia vita. Dio ci accetta anche così, ma nello stesso tempo c’invita a far sì che poco alla volta Dio diventi davvero determinante nella mia vita, nelle mie scelte quotidiane, nella mia relazione personale con lui attraverso la preghiera assidua che evidenzia la mia figliolanza divina, che anch’io possa sentirmi un inviato per far immergere altre persone in questo amore della Trinità.


Sia lodato Gesù Cristo.