Nel discorso alla casa di Cornelio, Pietro riassume la vicenda di Gesù con quel “voi sapete…”. Ci sono delle cose che si possono sperimentare della vicenda di Gesù, le cose riguardanti la sua vita, la sua missione, la fine tragica di quel maestro appeso ad una croce. Un destino non previsto, impensabile, la morte orribile di un uomo giusto che passò beneficando e risanando tutti. Non doveva insomma andare a finire così. Anche la nostra vita è fatta di esperienze, di fatti raccontabili che avranno anch’esse un epilogo con la nostra morte più o meno tragica. La morte qualsiasi essa sia è sempre e comunque un epilogo tragico. Quante volte anche per noi alcune morti, trapassi di nostri cari non dovevano andare in quel modo. In questo epilogo tragico di Gesù c’è però una svolta con quel: “Ma”. “Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno”. Esiste, cioè, qualcosa che non può essere sperimentato con la nostra ragione, non descrivibile attraverso i fatti concreti della vita, c’è un oltre di Dio che non sta direttamente sotto i nostri sensi e sotto il nostro controllo. Questo oltre non è opera nostra, ma Opera di Dio. Il cristianesimo non è un meccanismo di causa/effetto; non è neanche un insieme di norme morali da seguire per agevolare la mia vita su questa terra. C’è una realtà inaspettata che non avevamo preso in considerazione perché è Dio che stavolta agisce. La nostra vita non è semplicemente la narrazione di una cronistoria fatta di puri eventi, ma è anche l’intreccio dell’Opera di Dio a nostro favore: “rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”. Maria di Magdala, Pietro, il discepolo prediletto devono elaborare proprio questo intreccio tra ciò che già sapevano di Gesù e l’Opera di Dio. Questa Opera di Dio la si può riconoscere solo nell’ordine della fede. Il discepolo prediletto “vide e credette”. Non basta solo vedere, occorre anche credere, cioè riconoscere l’Opera del Padre. Pasqua è allora riconoscere che Dio è all’Opera nella nostra vita, che è capace ad illuminare le zone più oscure dell’esistenza terrena. C’invita ad andare a quell’oltre che i nostri sensi, la nostra ragione non possono arrivare, per vedere nella cronaca della mia vita la presenza di Dio che mi viene a salvare. La nostra resurrezione che si compirà pienamente con la venuta del Signore, avviene oggi quando siamo disposti a discernere quest’Opera di Dio, quando diventiamo credenti nel momento in cui riconosciamo di aver bisogno della misericordia di Dio: “chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”. La confessione sacramentale è appunto quel luogo dove sono chiamato a riconoscere l’Opera di Dio in me offuscata dal peccato, dalla colpa, dal disordine morale. Il confessore è proprio lì per far comprendere al penitente come Dio agisce nella sua vita; dove uno è tentato di vedere l’assenza di Dio, la sua negazione ecco che invece Dio è lì presente in quell’oscurità, come il Padre era presente nell’oscurità del suo Figlio Gesù. Ecco che cosa significa per noi oggi risorgere!

Sia lodato Gesù Cristo