Le donne si domandarono che senso avesse tutto questo. Anche per noi è fondamentale farci la domanda: che senso ha tutto questo? Che cosa significa la veglia che stiamo celebrando? La liturgia del fuoco e del cero, il canto dell’Exultet, l’ascolto della Parola di Dio, la liturgia battesimale. Che senso ha tutto questo? Abbiamo bisogno anche noi di compiere quello che hanno fatto le donne, comprendere che cosa sta avvenendo. Tutto quello che abbiamo vissuto e vivremo è tutto orientato a vivere la celebrazione eucaristica fonte e culmine della vita cristiana e della nostra fede. In questa celebrazione la morte non è più un ostacolo, un problema insuperabile. Mentre il mondo ritiene la morte come un problema da fuggire, da allontanare dalla nostra mente, da non pensare, esorcizza la morte ridicolizzandola e banalizzandola; il cristiano osa invece avvicinare a sé l’idea della morte senza rimanerne scandalizzato. “Tutta la vita deve essere una riflessione sulla morte e allenamento ad affrontarla” diceva Socrate. Noi, in questa celebrazione, stiamo anticipato il mistero della nostra morte, l’abbiamo di fronte ai nostri occhi; il cristiano è colui che assume su di sé l’dea della morte senza averne paura. Egli è colui che non la cerca, non la desidera ma nello stesso tempo è capace ad accettarla. Dio ha scelto come luogo del suo amore, della piena manifestazione della sua misericordia, della sua fedeltà proprio ciò che invece fa problema a noi umani: la morte. Mentre l’uomo tende ad allontanare la morte facendo della vita un suo possesso, Gesù assume a sé la morte facendo della sua vita un dono. “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”. Non è quello che noi celebriamo in ogni eucarestia? “Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?”. La morte non è più lo spauracchio dell’uomo, qualcosa di esterno e di estraneo alla sua vita, ma la assume su di sé perché la sua vita diventi libera per amare; non è più quella realtà che ci condiziona nel nostro modo di agire. Siamo liberi dalla paura che la nostra vita si debba risolvere solo su questa terra e quindi non temiamo di perdere la vita, cioè di donarla a Dio e al prossimo. La paura della morte non fa altro che alimentare la cultura della morte. Le nostre azioni devono essere il chiaro segno che in noi già opera Gesù risorto. Allora la Veglia pasquale non è una cerimonia, ma un’esperienza di vita che lascia le sue tracce.
Sia lodato Gesù Cristo