L’invito che ci viene rivolto dal Vangelo è quello della vigilanza perché possiamo nuovamente riconoscere la manifestazione del Risorto nella nostra vita. C’era l’esigenza per i primi cristiani di non rinchiudere la resurrezione di Gesù nel passato; riconoscere questa presenza nella ferialità della vita perché il pericolo era quello di tornare alla vita di tutti i giorni con una fede spenta e scontata. Sentirsi cristiani, ma senza quella vitalità che aveva caratterizzato gli apostoli e i cristiani della prima ora. Ecco allora il significato di quell’imbarcarsi, di andare a pescare ma senza successo perché manca la presenza del Signore Risorto. È la tentazione di una impresa autonoma e autoreferenziale. La barca è il luogo della prova, ma anche il luogo della purificazione della fede; è il luogo della paura e del timore di affrontare il mare che simboleggia il male nella vita degli uomini e nella vita di fede dei discepoli.

L’atteggiamento di Pietro qual è stato? Di gettarsi in mare e di risalire dalle acque, che ricorda l’atteggiamento del battesimo: andare e se necessario ritornare verso la fonte originaria della fede che è il Cristo Risorto; riscoprire la fedeltà del Signore nella nostra vita e rispondere nuovamente con entusiasmo. Non basta l’entusiasmo di Pietro; occorre che lui faccia memoria del suo passato. Anche prima della passione di Gesù, Pietro nutriva per il suo Maestro entusiasmo, coraggio di perdere la vita per il Signore, ma non aveva fatto i conti con la sua debolezza. Si scopre alla fine un traditore. Il Signore è lì attorno ad un fuoco come quella volta in cui c’era quella donna ad accusare Pietro di “essere uno di loro”. Pietro vorrebbe passarci sopra, ricominciare tutto daccapo con il Signore senza ricordare quel triste passato. Ed proprio lì che il Signore lo interroga. Per ben tre volte il Signore gli chiede se lo ama! Lui cerca di difendersi ma alla terza volta riconosce la sua debolezza, il suo peccato. Non è più lo spavaldo Pietro che pensa di amare Gesù con le sue sole forze, ma l’umile Pietro che riconosce di essergli almeno amico. È un misto di gioia e di dolore. Di gioia perché si sente conosciuto, amato dal Signore; di dolore perché sente ancora viva la ferita del suo passato. È quando si tocca la propria debolezza che siamo pronti a donare la vita per Gesù e per i fratelli. L’amore non è sentirsi compensati di qualcosa, ma quando si è disposti a perdere la vita per un altro; quando sei sicuro che la tua vita è guidata e sostenuta da qualcuno anche quando questo comporta la disponibilità ad andare dove noi non vogliamo. Possiamo allora capire quella felicità di essere stati oltraggiati per il nome del di Gesù da parte di Pietro e degli altri apostoli.