Dopo il grande scenario della proclamazione delle beatitudini come una sorta di prologo Matteo continua il discorso della Montagna approfondendo le esigenze della nuova Legge che ci è stata donata. Abbiamo dato un’occhiata all’indice per farci venire la curiosità, ora occorre leggere il contenuto di queste beatitudini e lo fa con due sentenze lapidarie, brevi ma intense: “voi siete il sale della terra”; “voi siete la luce del mondo”. Il sale è quell’elemento che se non c’è ce ne accorgiamo subito: tanto è vero che diciamo subito “manca il sale”; oppure ce ne accorgiamo fin troppo: “c’è troppo sale”. Il sale non è necessario che si veda, ma che si senta. Così è la nostra vita: non è necessario che si veda, che cioè abbiamo l’etichetta di appartenenza ad una categoria, ma che si senta che abbiamo sapore, consistenza, gusto. Come il sale non serve per se stesso ma è utile se messo insieme ad altro così anche la nostra vita non serve per noi stessi ma serve per gli altri: è assurdo che il sale perda la sua consistenza (“se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?”) come è assurda una vita conservata per sé.

Gesù ci ricorda in un altro passo che ciascuno di noi sarà salato con il fuoco: curiosa espressione! Come si fa ad essere salati con il fuoco? Il sale è un ottimo catalizzatore del fuoco. Il grado di salinità della nostra vita sarà manifestato con il fuoco che aumenterà la sua capacità di scaldare e di illuminare. In altre parole la nostra vita sarà messa alla prova attraverso il giudizio di Dio, attraverso il suo amore per vedere quanta luce è in grado di produrre. Non è poi così strano che Gesù abbia messo insieme questi due detti del sale e della luce. “Voi siete la luce del mondo”. Nella prima lettura del profeta Isaia si dice dopo aver compiuto le opere di misericordia: “allora la tua luce sorgerà come l’aurora”. Ognuno di noi ha una luce nascosta che attende l’aurora, cioè che si manifesti esteriormente. È interessante che noi siamo stati messi alla pari con il Signore: “Io sono la luce del mondo”. Il cristiano non ha nulla da invidiare al suo Signore, anzi forse c’è da farsi venire i brividi per il semplice fatto che noi siamo stati messi nelle stesse condizioni di testimonianza di Gesù. Ognuno di noi esiste per il semplice motivo che Qualcuno ci ha messo come luce per gli altri, ognuno di noi ha una missione, ha un compito ben preciso. Spesso facciamo l’errore di giudicare la nostra esistenza partendo da noi stessi. Ce lo siamo detti tante volte e in mille modi: siamo degli individualisti e anche gli altri li pensiamo e li giudichiamo sempre in funzione del proprio io e del proprio ego; pensiamo di essere luce a noi stessi; anche i fatti più dolorosi, più faticosi, luttuosi della nostra vita dobbiamo viverli non isolandoci da tutto e da tutti ma in funzione di una testimonianza da dare agli altri.

Mi ha colpito molto la testimonianza di una donna Lucia che ha perso nel terremoto di Amatrice marito e figli. Ha dato questa definizione della sofferenza: “la sofferenza è l’egoismo di non poterli più riabbracciare”. Una donna che sta trovando la sua forza nel testimoniare la sua esperienza dolorosa e traumatica agli altri. Non possiamo eliminare totalmente la sofferenza dalla nostra vita, la possiamo tuttalpiù alleviare ma non eliminare, ma molte volte soffriamo di più perché c’è un egoismo di sottofondo: pensiamo che sia solo una sofferenza nostra e così diventiamo tenebra e non luce. Come non può restare nascosta una città messa in alto e come non si può mettere una lampada sotto il moggio così è la nostra vita è fatta per essere luce nei luoghi più tenebrosi e oscuri della nostra esistenza. Basta un barlume di luce perché tutta la stanza ne sia riempita e perché possiamo vedere anche in penombra.