In preparazione alla II Domenica di Avvento (Anno B).

1«Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. 2Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati».

3Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. 4Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura. 5Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato».

6Una voce dice: «Grida» e io rispondo: «Che dovrò gridare?». Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo. 7Secca l'erba, il fiore appassisce quando il soffio del Signore spira su di essi. 8Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura sempre. Veramente il popolo è come l'erba.

9Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annunzia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! 10Ecco, il Signore Dio viene con potenza, con il braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono. 11Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri».

Is 40,1-11

Contesto del Deutero-Isaia

Il Deutero-Isaia o Secondo Isaia (capitoli 40-55) è un profeta anonimo posteriore e distinto dal profeta Isaia. Il primo Isaia è vissuto a Gerusalemme nell’VIII secolo a.C. e a lui si attribuisce buona parte dei testi contenuti nei capitoli 1-39. Anche i capitoli 56-66 sono attribuiti ad un altro profeta, che s’ispira al Primo Isaia, chiamato Terzo Isaia o Trito-Isaia, di molto posteriore ai testi del profeta Isaia.

Is 40,1-11, come tutta l’opera del Deutero-Isaia, deve essere situato in un periodo d’inquietudine e d’incertezza. Probabilmente il profeta ha operato nel periodo immediatamente precedente e seguente alla liberazione portata da Ciro, re di Persia. Egli risiede a Gerusalemme, forse non è mai stato in esilio, oppure è tornato coi primi coraggiosi capaci d’intraprendere il ritorno in patria a seguito dell’editto di Ciro. Le aspettative non corrisposero alle speranze degli esuli. Le difficoltà provenivano dall’incontro/scontro tra coloro che ritornavano a Gerusalemme e tra quelli che erano rimasti. Infatti quelli rimasti a Gerusalemme tra le rovine si erano impossessati di proprietà altrui e quelli che rientravano reclamavano le loro proprietà. Ad una tensione economica si aggiunse anche quella religiosa. È possibile che i rimasti a Gerusalemme considerassero i rimpatriati come dei colpevoli, sui quali si era abbattuto il giudizio di Dio e gli esiliati pensassero altrettanto di coloro che erano rimasti. Si trattava di una situazione penosa, aggravata da scoraggiamento, povertà estrema e desiderio di vendetta.

Il messaggio del profeta

A. Un messaggio di consolazione

L’annuncio di consolazione che si deve trasmettere è un “parlare al cuore” (versetto 2), cioè un incoraggiare la città e i suoi abitanti. L’espressione è utilizzata in una situazione d’angoscia, preoccupazione, trasgressione, colpa.

B. Un'esortazione

La consolazione annunciata è accompagnata da un’esortazione: “Preparate la via del Signore” che è frequentemente interpretata in senso “realista”, come l’ordine di tracciare il cammino in mezzo al deserto, attraverso il quale il popolo esiliato ritorna in patria. Mentre si considera come iperbole il livellamento di ogni valle e collina (v. 4), si prende invece alla lettera la costruzione o preparazione di una vera strada.

C. La crisi del profeta

La parola del profeta non si esaurisce né nella consolazione né nella esortazione. La terza strofa (vv. 6-8) è la più inquietante. Si parla di caducità, di brevità, di corruzione. “Erba” è il termine comunemente usato per parlare della fragilità umana. Il profeta riceve l’ordine di gridare e domanda. “cosa griderò?” Il profeta in una sorta di monologo domanda a se stesso che cosa deve gridare. Il profeta ha ricevuto una missione e ha incominciato a compierla. Ma adesso si chiede: “Ne vale davvero la pena? Se ogni uomo è come un fiore che appassisce, a che cosa serve cercare di ricostruire ciò che è stato distrutto?”. Il profeta condivide la situazione di abbattimento e di disperazione di tutto il popolo. L’uomo non è in grado di affrontare Dio. Se l’uomo non è altro che erba, con tutta la sua fragilità, anche religiosa ed etica, è normale che il profeta si domandi sul senso di questo penoso ricominciare.

Il testo dell'Avvento

2Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
3Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri.

Mc 1,2-3

È naturale collegare il testo di Isaia a Mc 1,2-3. I tre sinottici sono tutti concordi che Giovanni apparve per “proclamare la conversione”. “Proclamare” è infatti la parola che può riassumere il testo di Isaia. Il profeta è consapevole che la sua missione è legata all’annuncio della salvezza che proviene solo da Dio e alla sua venuta imprevedibile. “Proclamare” non è quindi insegnare una dottrina, né spiegare i testi sacri, nemmeno esortare. La proclamazione comincia quando il popolo di Dio si rende conto che soltanto in Dio c’è salvezza e non in una nuova eventuale organizzazione giuridica, politica o cultuale.

Il dubbio del profeta che si chiede: “Vale la pena proclamare?” diventa anche il dubbio legittimo del Battista che dalla prigione chiede: “Sei tu colui che deve venire?”. La proclamazione della conversione, della salvezza, del Vangelo non è esente dal dubbio, dall’insicurezza, dalla sofferenza.

Domande

  1. Vale la pena continuare ad essere cristiani? Per quali motivi?
  2. Quali sono i principali motivi di sconforto e di sfiducia che vedo attorno a me?
  3. Quale pensiero mi “consola” ovvero mi aiuta a riacquistare fiducia, speranza e energia nuova per testimoniare la mia appartenenza a Cristo e alla Chiesa?